Avv. Antonio Zecca |
Studio Legale |
Cass.
Pen. Sezione quarta Sent. 25 settembre-7 ottobre 2003, n. 39204
Motivi della decisione
F C era imputato del reato di cui
all’articolo 590 Cp poiché – durante un incontro di calcio disputato in un campo
di atletica leggera in Enna – per colpa, consentita nel non aver osservato
regole di correttezza e di gioco, in un contrasto calcistico con l’avversario M
d P, lo colpiva con un calcio alla faccia e gli cagionava una lesione personale,
consistita in una frattura alla branca rientrante dalla mandibola destra,
giudicata guaribile in giorni 40 (in Enna, 26 dicembre 1995).
Il Pretore di Enna, con sentenza del 18 giugno 1998, lo dichiarava colpevole del
reato ascrittogli e lo condannava alla pena di lire 600.000 di multa e al
pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento dei danni in favore
della parte civile costituita, da liquidarsi in sede civile, e alla rifrazione
delle spese dalla stessa sostenute. A seguito di appello del difensore
dell’incolpato, la Corte di appello di Caltanissetta, sezione seconda penale,
con sentenza 926/02, confermava la sentenza di primo grado e condannava il C. al
pagamento delle relative spese, nonché alla rifrazione delle spese sostenute
dalla parte civile, liquidate come da dispositivo, oltre Iva e Cpa.
Avverso tale provvedimento ricorre il difensore e formula due motivi di gravame.
1. Violazione dell’articolo 590 Cp in relazione agli articoli 50 e 51 Cp: aveva
sostenuto nei motivi di appello che l’imputato avrebbe dovuto essere assolto in
quanto (a suo avviso) era rimasto provato che lo scontro era stato del tutto
fortuito ed era avvenuto esclusivamente nel contesto di un’azione di gioco al
solo fine di impossessarsi del pallone. In ricorso riprende tale motivo
assumendo che la Corte di merito non si è pronunciata su tale punto, ignorando
il principio che ha dato vita a una causa di giustificazione atipica non
codificata, secondo cui la involontaria violazione delle regole di gioco
determinata da carica agonistica tale da non superare il rischio consentito deve
essere qualificata come illecito sportivo esente da responsabilità penale.
2. Violazione degli articoli 129, 546 lettera e) in relazione all’articolo 606,
lettera e) del codice di rito. Deduce una mancata applicazione della causa di
giustificazione invocata, ed omissione di qualsiasi considerazione circa la
valutazione logico-giuridica posta a base della pronuncia. Riprende, in pratica,
il primo motivo di censura sotto il profilo dell’articolo 129 Cpp fatto non
costituente reato e quindi assoluzione conseguente.
Osserva questa Corte che il ricorso è destituito di giuridico fondamento. Per
convincersene, basterà notare come la Corte di merito si sia posta il problema
del cosiddetto “illecito sportivo” e lo abbia superato con una corretta
ricostruzione dei fatti, assumendo che l’imputato realizzò l’evento lesivo
mediante una violazione volontaria delle regole di gioco, tali da superare i
limiti della lealtà sportiva, con un intervento a gamba tesa.
PQM
La
Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.